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L’Italia al tempo del Coronavirus

 

Da questa epidemia di coronavirus il paese Italia ne esce sconfitto. Non dal punto di vista sanitario, fortunatamente, ma da quello politico che è, inevitabilmente, culturale.
Il momento in cui tutti i nodi (moltissimi) vengono a quel pettine [la politica] incapace di farvi fronte.
Siamo da anni, e non da ora, un paese alla deriva, in balia di piccoli umori, di accozzaglie di quote votanti senza alcuna prospettiva né altrettanta capacità di crearla questa prospettiva.
Siamo da anni nel più completo abbandono, che passa principalmente dal decoro che abbiamo perduto, tutti. Etico, culturale, sociale. Un “futti futti ca diu perdona tutti” per dirla alla siciliana, atteggiamento che come, merda e fango, copre uno strato di bellezza, tanto nel profondo da non esser più capaci di scorgerne il riflesso.
Portaborse che assurgono a ministri mantenendo la cultura politica di striscianti portaborse, giornalisti lesti a far del copia incolla una notizia, senza alcuna capacità di filtro critico. Giornalisti che neppure sanno più mettere quattro frasi di senso compiuto insieme, solamente alla ricerca del colpo a sensazione capace di far lievitare gli introiti pubblicitari delle paginette che passano loro lo stipendio a cottimo.
Opinionisti d’ogni specie, trasformisti degni del miglior Brachetti, più capaci del grande Arturo di svestire in un istante i panni dello stratega di politica internazionale e militare e indossare in un batter di ciglio quelli dell’immunologo, passando per esperti di lungo corso di politica interna e questioni vaticane.
Un paese che non respira più, non per paura del contagio, non perché filtra l’esterno attraverso le maglie sottili e inutili di una mascherina presa dal bagarino più prossimo, ma un paese che annaspa, l’Italia, perché capace di nutrirsi del livore, della frustrazione. Un paese che ha smarrito, non la speranza, ma quel senso di “ne vale la pena” che ad essa è connesso.
Vale la pena d’esser migliori per aiutare ad esserlo di più.
Vale la pena stringere denti e culo, andare via da casa per studiare, per ottenere dei risultati per acquisire una competenza…
E invece…
Non più, non ne vale più la pena perché oramai il peso di quelle antiche competenze e conoscenze si frantuma sotto il numero incessante e bestiale di condivisioni e like a Titoli – neppure notizie – che dicono tutto e il contrario d’ogni logica.
Un paese di pericolosi analfabeti funzionali che di rimando, occasionalmente, partecipano convinti di contare al circo di elezioni che hanno già un finale scritto.
Di selfie al pasticciotto e slogan ritriti figli di una sottocultura che ancora strenuamente resiste, come un virus.
Amen.

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