Skip to content

A Venezia in Febbraio



Raccontare d’un viaggio è un altro viaggiare.
Raccontare di passi lontani percorsi con una fatica del tutto intima non si può.
Dunque a scriverne ritorno indietro sulla strada e stringo ancora i denti.
Un’altra volta.
Sono stato a Venezia.
Più di Roma, più di Amsterdam, più di Stoccolma.
A Venezia il cammino è lento e costante, il vaporetto scorre sul canal grande, e la brezza ti accarezza il viso, e ti lascia il segno.

A Venezia in febbraio.
Sul ponte di Rialto la gente assiepata in cerca di uno spiraglio utile a fotografare, a fotografarsi. Avverto la sensazione che si abbia timore di guardare con gli occhi, e ci si affidi ad un surrogato tecnologico. Deleghiamo l’esistenza e la riponiamo in piccoli e gelidi contenitori digitali che sapranno dirci. I miei occhi s’insinuano invece, come le mie gambe,
ché la memoria cederà il passo quando lo riterrà opportuno. Capita adesso, capiterà in futuro.

A Venezia in febbraio.
Con lo Spritz servito su cicaroni che non finiscono mai, e il piattino d’antipasti sottratto dalle nostre labbra, sol perché il nostro accento non è gradito.
E mi viene da chiedermi cos’è l’Italia?
Quella di Rubyrubacuori forse?
E quanti anni festeggia nel 2011?
150?
Boh…
C’è un’Italia silenziosa che tollera, e mal sopporta lo straniero.
C’è un’Italia silenziosa che ha paura del confronto.
E c’è un pazzo caracollante che se ne sta seduto sui gradini di piazza S.Marco ad ammirare piccioni scacazzanti, e belle pulzelle che al passo d’oca (inconsapevole) marciano d’innanzi.
E c’è la piazza e alcuni sparuti anticipatori del carnevale ben abbigliati che fanno mostra di sè.
E un campanile da scalare, ma la fatica è tanta.
Raccontare d’un viaggio è un altro viaggiare che stavolta tengo per me.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.