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A mio figlio


A mio figlio
direi di correre,
di bere e brindare,
odiare, perdersi
e se avrà tempo d’amare.

A mio figlio direi di correre,
scalzo sul fuoco del mondo
saltare gli ostacoli,
scansare i tentacoli di piovre latenti,
quegli esseri informi che sguazzano in paludi stagnanti.

A mio figlio direi di correre al vento
lasciando alle spalle qualsiasi rimpianto,
e correre a casa e per strada
e dovunque vada scrollarsi di dosso
ogni cosa che leghi il pensiero come il cane al suo osso.

A mio figlio direi di bere
non come si fa nel deserto,
ma arso di vita e assetato di tempo
che un minuto mancherà per fare un’ora di certo
e ore perderà lasciandosi andare in trincea allo scoperto.

A mio figlio direi di danzare tra i gatti rognosi
gonfi di botte e d’amor bisognosi,
tirar tardi la notte che il mattino è diverso
accogliere nel primo bagliore il nero che muore
e nel giorno non essere ancora uno specchio d’amore.

A mio figlio direi di brindare
al vecchio che muore
che di cose ne ha avute da fare,
al giovane amante ucciso dal bacio mancante
alla rosa e alla spina, donna e bambina dallo sguardo ammaliante.

A mio figlio direi di gridare,
gridare in silenzio al vento e al mare
che di navi crescendo ne vedrà passare,
scie da indicare e sirene sguscianti buone da inseguire,
in silenzio, nel vento e nel mare, prima che il giorno ritorni a dormire.

A mio figlio direi di odiare
il denaro e il veggente,
l’ipocrita che parla alla povera gente,
l’amore appagato nel gesto accennato,
il sogno nascosto per bene tra lacrime e pene e mai realizzato.
A mio figlio direi di odiare
per non lasciarsi scorrere lento,
né farsi trascinare a fondo
dal fiume affollato da molta prudenza
che scende leggero verso il lago stagnante dell’indifferenza.

A mio figlio direi di perdersi,
bruciare la terra per ricominciare
morire ogni giorno nel giorno che muore,
salpare e approdare per non più di due ore
che di porti e galee e spiagge e maree né avrà da incontrare.

A mio figlio direi di lasciarmi andare
di tenere lontani gli occhi che piangono tra le mie mani.
A mio figlio direi di cantare
e se infine avrà tempo gli direi d’amare.

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