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Frammento #7

Ci sono periodi che scivolano lungo l’incedere di un pensiero, altri così densi, duri, da non finire mai. Ma anche quei giorni, come ogni cosa che riguarda noi miseri umani, alla fine si concludono. E si chiudono senza che ci si renda conto davvero d’averli consumati. Un battito di ciglia, uno sbadiglio sdegnato e anche un periodo difficile finisce nello scaffale dei ricordi a prendere polvere com’è giusto che sia. Quest’anno è trascorso in maniera diversa, pesante, d’impatto. Come la vita spesso ci obbliga a fare, impattare con la realtà, con il suo volto peggiore. Certe volte trasciniamo i passi, altre saltelliamo per superare la cordicella che è lì, tesa, a tenderci l’agguato. Altre volte così stanchi o distratti, o dio sa cosa, finiamo come lepri smarrite dagli abbaglianti lungo le statali senza punti di riferimento dritti su quella cordicella a serrarci il cammino, a sbarrarci la strada, a inciampare il pensiero. Così accade di cadere. Di cadere addosso a se stessi, di scorgersi a terra, e poi increduli rivedersi, ritrovarsi in piedi, con le braccia amiche di sempre a rimetterti dritto. Ho perduto voci in quest’anno e altre ne ho ritrovate, ho conosciuto persone migliori da cui imparare e persone di certo peggiori da cui altrettanto ho imparato. Ho appreso dagli occhi di un bimbo che nulla è scontato e ogni cosa va presa per mano e trattenuta fino alla fine per non essere dimenticata. Ho ricordato qualcosa che in fondo avevo smarrito, che se hai musica in fondo alle ossa nel più fitto rumore potrai ancora provare a farla sentire. Gesti di vita, insomma, vita che scivola via, tra le pieghe dei pensieri, di quello che è stato e avrebbe potuto, di quello che in fondo mi ostino a pensare sarà.

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