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Il dono di Morrison

– Toni Morrison, 2012 – Sperling Kupfer – pp. 181 – € 9,50.


Nel cuore delle Stati Uniti della fine del Seicento – oggi, come allora – Florens, figlia di una schiava e della violenza del suo padrone, vive una vita di privazioni e sofferenze in una piantagione del Maryland fino all’arrivo alla fattoria di Jacob, un commerciante che possiede una proprietà nel Nord, recatosi fin lì per riscuotere un debito. Ma il padrone non ha denaro e il baratto è ancora un metodo efficace per far fronte ai propri debiti – come poi accade con i nostri debitori. Così le schiave della fattoria, senza tintinnare, divengono moneta al mercato. La storia si dipana nel dramma. La madre di Florens intercetta negli occhi del mercante un riflesso di umanità, baratta sé stessa e lo convince a portare con sé la figlia, consapevole che troverà un futuro migliore lontano dalle oppressioni della schiavitù. L’eterogenesi dei fini è alla finestra. Lo strappo deciso dalla madre si rivelerà una scelta disperata e straziante. Florens trascorrerà il resto della sua vita inciampando nel vuoto dell’assenza materna, senza mai capire che quella scelta, tanto dolorosa agli occhi di gente stolida, è stata l’unico Dono d’amore che la madre le ha potuto concedere.

«Mi gira la testa per la confusione: ho fame di te e paura di perdermi. Niente mi spaventa più di questo compito e niente è una tentazione più grande. Dal giorno che sparisci sogno e faccio dei piani. Per scoprire dove sei e come venire da te.»

«Come farò, mi domando, a trovarti al buio? Ora finalmente un modo c’è. Ho degli ordini. È deciso. Vedrò la tua bocca e farò scorrere le dita verso il basso. Mi poserai ancora il mento tra i capelli mentre respiro contro la tua spalla dentro e fuori, dentro e fuori. Sono felice perché il mondo si spalanca davanti a noi, però è così nuovo che mi fa tremare. Per arrivare da te devo lasciare l’unica casa, le uniche persone che conosco.»

«Quando le lettere si fanno memoria facciamo parole intere.»

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