1 romanzo in 10 righe,  1 romanzo in 10 righe

Lo stadio di Wimbledon di Del Giudice

 

Dove si va alla ricerca di uno scrittore che non ha mai scritto, dove il silenzio domina l’azione e nel libro si custodisce la vita ma forse non viceversa. E dove il filo dei ricordi ci dice che non siamo più come allora, non siamo più come l’istante appena trascorso né saremo come nell’istante a venire. Dove la modifica di sé è un processo lento, talvolta non voluto, incidentale o accidentale. Dove l’appoggio si dice fragile, come il contenuto che stenta a starsene in piedi. Dove Daniele Del Giudice inizia il portentoso cammino.

 

“Forse non c’è un percorso, ma solo un’intermittenza tra la probabilità e l’improbabilità. E’ come se ogni spostamento lo decidessi lì per lì, per vedere dove porta, e questa scoperta, poi, non fosse altro che l’inizio che cercavo. Vorrei mantenere una certa inerzia, con piccole spinte indispensabili e sufficienti.” [p.9-10]

“Bisogna tenere i libri distinti dai dolori” [p.16]

“Cambiava pelle spesso, e qui anche stava la sua incapacità di realizzare; dimenticava ciò che aveva fatto, non per volere superare, ma per lasciar cadere.” [p.35]

“Per un attimo ho pensato invece alla tolleranza del passato, all’ammettere che si è stati anche in un modo diverso; alla cura della continuità: di sé, delle cose, dei rapporti – modificanti, modificati, ma in maniera impercettibile e progressiva.” [p.61]

“Ha capito di sé… che tutto è niente, ha capito che alla fine non avrebbe lasciato neppure una traccia. Niente.” [p.65]

“… è un buon modo, credo, quello di avvicinarsi alle cose misurando sempre quanto se né è lontani.” [p. 89]

“Tutti i nostri esperimenti per restare in equilibrio senza appoggi hanno come limite la malattia o la casa.” [p.105]

“Forse si deve avere cura delle storie che non ci appartengono”. [p.111]

“Ho pensato che il silenzio costringe a lunghi viaggi per vedere.” [p.136]

 

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Massimiliano Città, nasce in quel di Cefalù (chè Castelbuono, dove la famiglia risiede, non ha ospedali e le levatrici hanno smesso d’esser tali) in un’afosa giornata di luglio del 1977 con un blues in Eb sulla pelle. Inciampa e si rialza nel cortile di nonna, dove fantasmi e amici iniziano ad affollare la mente. Viaggia da solo. Cresce artisticamente nel gruppo Kiroy, accolita palermitana di scrittori, pittori e musici. Nel 2004, sotto lo pseudonimo di VagabondoEbbro, pubblicato da CUT-UP Edizioni di La Spezia, esce il racconto «Delirio di un Assassino», inserito nella raccolta “Lost Highway Motel”. Ha pubblicato «Keep Yourself Alive» (2009, Lupo Editore), «Tremante» (2018, Castelvecchi) «Rumori» (2017, Bookabook), «Incisioni» (2023, L’Erudita) e «Agatino il guaritore» (2024, Il ramo e la foglia). Sul blog massimilianocitta.it conduce periodicamente alcune rubriche letterarie tra cui «Cinque domande, uno stile».

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