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Marco Marsullo

In occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo “L’anno un cui imparai a leggere”, edito da Einaudi, Marco Marsullo, scrittore napoletano della scuderia di Einaudi Stile libero (con cui ha esordito nel 2013 – “Atletico Minaccia Football Club”, “ L’audace colpo dei quattro di Rete Maria che sfuggirono alle Miserabili Monache”, 2014, “I miei genitori non hanno figli”, 2015, “Due come loro”, 2018) risponde alle cinque domande.

 

 

Quando accade, quando un’idea, l’Idea, giunge e prende forma, si rappresenta nel suo immaginario, pronta ad essere modellata per diventare una storia, che sensazione si prova?

È la sensazione per cui vivo, alla fine. Di idee ne ho tantissime e spesso si affollano, creando una specie di effetto imbuto. Così quando quella giusta riesce a svicolare e arriva per prima, la felicità è piena. Che poi l’idea giusta è sempre tutta da verificare, come concetto. Magari ci sono tante idee giuste che ci perdiamo per strada, chi lo sa.

 

 

La consapevolezza che la parola appena scritta costituisca la conclusione di un racconto è evidente o necessaria?

Non credo ci sia niente di necessario, nella scrittura. Né cosa si sceglie, né perché si scrive. Credo sia necessaria solo la voglia di raccontare qualcosa. Il resto è tutto accessorio.

C’è stato, nel suo percorso di vita, netto e distinto, un momento di scelta in cui ha affermato a se stesso “devo scrivere?”

Se si intende professionalmente, quando ho firmato la prima volta con Einaudi. Ho mollato l’università, dove ero molto infelice, e ho iniziato a dedicarmi a questo lavoro anima e corpo. Non potevo, e non volevo, disperdere un solo grammo di energia.

Lo stile è un passaggio che ciascun autore percorre, può in qualche modo divenire un vincolo?

Quello che si è un po’ perso negli ultimi anni nella narrativa italiana è la voce. Gli editori stessi la cercano poco, il più delle volte. Si vuole ottenere il risultato con il singolo libro. Ma un autore è una voce, il più possibile unica. Questo me lo disse Severino Cesari in uno dei nostri primi incontri. Mi rassicurò che Einaudi Stile Libero mi voleva per la mia voce, unica. Questo fa un editore, secondo me. Cerca voci uniche. E non sarà mai un vincolo, se mai un punto di forza, sapendolo gestire bene.

In quale misura crede che la letteratura oggi riesca ad incidere nella società e con quale forza lo scrivere costituisca un gesto politico?

Non mi interessa mischiare politica e libri da autore, né da lettore. Credo che i libri siano un’evasione e un intrattenimento, forse il più puro e il più bello. I libri raccontano le storie. Almeno, io la vedo così.

 

 

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