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Vagabondaggi


Siamo rimasti soli io e il vento
a raccontarci quello che han visto i nostri occhi,
a ricordarci quando e spesso,
con lo sguardo rivolto in basso,
facemmo finta di non vedere.
E soli nel giorno ordinavamo parole
che a caso passavano innanzi a noi
condotte dal tempo per gioco.

Svuotando le tasche, gettando il superfluo,
qualche spicciolo per il necessario e nient’altro.
Nient’altro da spendere se non per mangiare
e poco, davvero, per poter dire “dammi da bere”.
I vestiti di sempre, smunti giù al fiume
che volta per volta smarrivano il loro colore,
e le voci di sempre che lungo la strada,
dal tempio alla valle,
ci accompagnavano con qualche sorriso.

Lungo la strada con il sole che segna i tuoi passi
come un cane rabbioso che monta la guardia
e lascia di notte ( ma dove andrà mai?)
l’ingrato compito al segugio più dolce che ispira gli amanti.

Lungo la strada con il freddo invadente,
lurido, sudicio freddo che come un serpente
s’insinua, silente, fin dentro le ossa
che niente e nessuno lo potrà più scacciare.

E tu mi accarezzi i capelli, leggero e gentile,
sussurri, mi svegli, pungente e sottile,
mi lasci dormire abbassando la voce,
che domani, già, presto, si dovrà continuare.

Siamo rimasti soli io e il vento
a raccattare cartacce per la città
e qualcuno lo vedo laggiù, ci spia,
e solo come noi vorrebbe farci compagnia.

Piccoli occhi da aprire al mondo,
gracili braccia da tendere al vento,
se sarà stanco come me.

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