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Sillabario all’incontrario di Sinigaglia

 

“Avanscoperta” presenta “Sillabario all’incontrario” dello scrittore Ezio Sinigaglia. Edito da TerraRossa Edizioni (2023, pp. 236 €16,90) è stato proposto per la selezione della lista finale al premio Strega 2023 da Lorenza Foschini.

L’autore plasma le lettere in una creazione del tutto personale che, a scorger bene, non si adatta a una specifica classificazione letteraria. Lo scrittore utilizza le componenti dell’alfabeto come grimaldello per sollevarsi dal torpore dell’esistenza ed esplorare la propria vita in un percorso di autoanalisi. Sinigaglia è criticamente contemporaneo, non accetta passivamente, certamente osserva, ascolta, legge la contemporaneità, la assorbe e in certo senso la fa convergere nel flusso salvifico della letteratura.
Partendo dall’ultima lettera, componendo la parola Zoo, lo scrittore inizia una sorta di percorso a ritroso della sua esistenza. Scivola tra i passi incerti dell’infanzia, i furori dell’adolescenza, vola radente verso la sua smisurata passione (come una Smisurata Preghiera di Deandreiana memoria) per la letteratura [vi invito ad ascoltare il suo intervento su RaiPlay per la rubrica di Rai Cultura Letteratura – qui il link all’intervista – in cui tra le altre cose afferma: “Potrei dire che per me la letteratura potrebbe essere Dio, io credo nella letteratura, credo che esista, che sia buona e persino misericordiosa”].
Ama il silenzio Sinigaglia (“Il silenzio è il mio segreto. Lo porto con me fin dall’infanzia, credo, e certamente dall’adolescenza. Mi avvolge come una nube, m’incorona il capo come un’aureola. Viene con me, viene da me, quando ne ho bisogno o capriccio, e mi protegge come una corazza“) eppure la sua parola risuona, si avvita, si dà alla vita e s’alza con un volo decisamente originale nel panorama letterario contemporaneo.
Viaggia su rette metaforiche (“Voglio usare metafore, perché le metafore sono preziosi strumenti d’indagine e di conoscenza. Voglio usare metafore, ma non esserne usato.“) ma da queste si affranca lungo il viaggio. Il suo incedere non è semplice, va conquistato con fatica, la stessa che ha contribuito alla realizzazione di questo libro, nello scavo interiore, nel profondo domandarsi, nelle risposte accennate, sfuggenti, lontane dalle certezze cristallizzate che solamente la morte sa dare.
Sinigaglia è consapevole che la sua percezione della vita nel corso degli anni è mutata, è divenuta. E così si muove “fra la riva del divenire e quella dell’essere, o dell’esser stato“.
Come in una modulazione musicale, per renderla sulla pagina, varia di registro, passando dal forte al piano, dal leggero al tono malinconico fino a una pervadente e amara ironia. In questo contesto, la scrittura diviene una terapia che gli permette di risalire alle radici del suo disagio che evidentemente non può essere solamente fisico, legato alla momentanea malattia che ha dato il via al progetto.
“Il sillabario all’incontrario” diventa così un’opera medicamentosa che consente all’autore di comporre un quadro dai colori sfumati talvolta a rispecchiare sè stesso, con l’obiettivo di penetrare il proprio mondo interiore.

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