Mania di Del Giudice
– Daniele Del Giudice, 2012 – Einaudi – pp. 133 – € 12,39.
Scrittura precisa. Ideale, avvolgente. Senza fronzoli. Scrittura che cova dentro. Rilasciando, nel tempo, fremiti di bellezza. E non solo.
«C’è sempre una strada apparentemente inutile per compiere comunque il percorso e arrivare cosí da qualche parte.» [p.75]
«L’utopia è necessaria, per cosa lottare altrimenti, l’oggetto d’utopia è ricco, abbonda, contiene perfino il suo contrario, il suo fallimento, maggiore è la passione e la precisione nell’elaborare l’oggetto tanto più il risultato contraddice e sbeffeggia l’intento.» [p.93]
«Lei parla di un tempo che si poteva perdere, guadagnare, arrestare, un tempo che durava tutta una notte o tutta un’alba e finiva poco alla volta, con incerti e rovesci. Io invece debbo sforzarmi di sentire un secondo, forse meno ancora; dovrei poterlo prendere per i bordi e dilatarlo, e vedere e sentire e toccare le migliaia di informazioni che ci sono dentro, le migliaia di decisioni, le migliaia di scelte definitive, e irreversibili, tra cui anche la mia morte, che certamente non durerebbe di più. La mia fortezza è grande un secondo, è ovunque nello spazio, senza più fuori e dentro, con un margine che posso immaginare solo per comodità, spostandolo sempre in un punto diverso. È un secondo con dentro milioni di particelle connesse e sconnesse, guidate, mirate; con dentro mosse e contromosse convenzionali fino a un livello di profondità ormai tutto calcolato, tutto immaginato. Certe volte penso che questo secondo enorme è così saturo di tutte le previsioni, di tutte le possibilità, che adesso ne cerchiamo un altro, un livello più alto, uno spazio più alto, un tempo più veloce, per ricominciare a calcolare mosse e contromosse.» [p.116]
«Come cometa sono un viaggiatore perenne, periodico, ad ogni periodo perdo qualcosa, ad ogni periodo orbitale mi assottiglio col sole, come cometa non sono niente, se non i nomi e le motivazioni che mi danno al passaggio, non ho volontà, non ho spiegazioni, non ho alcun fine, non ho memoria, ogni volta è una novità, come cometa, mentre mi osservano, me ne sto andando…» [p.133]
Massimiliano Città
Massimiliano Città, nasce in quel di Cefalù (chè Castelbuono, dove la famiglia risiede, non ha ospedali e le levatrici hanno smesso d’esser tali) in un’afosa giornata di luglio del 1977 con un blues in Eb sulla pelle. Inciampa e si rialza nel cortile di nonna, dove fantasmi e amici iniziano ad affollare la mente. Viaggia da solo. Cresce artisticamente nel gruppo Kiroy, accolita palermitana di scrittori, pittori e musici. Nel 2004, sotto lo pseudonimo di VagabondoEbbro, pubblicato da CUT-UP Edizioni di La Spezia, esce il racconto «Delirio di un Assassino», inserito nella raccolta “Lost Highway Motel”. Ha pubblicato «Keep Yourself Alive» (2009, Lupo Editore), «Tremante» (2018, Castelvecchi) «Rumori» (2017, Bookabook), «Incisioni» (2023, L’Erudita) e «Agatino il guaritore» (2024, Il ramo e la foglia). Sul blog massimilianocitta.it conduce periodicamente alcune rubriche letterarie tra cui «Cinque domande, uno stile».