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Paul Auster

La vita è un accumulo di incontri. Da Smoke ho incontrato Tom Waits, ne Il libro delle illusioni la bellezza di raccontare dentro al racconto le immagini che non esistono. Con Paul Auster se ne va un potente immaginario letterario. Ma, essendo finzione che va oltre la realtà, così non è. Quell’immaginario rimane tra le pagine dei suoi libri, nel passaparola delle storie. E più intimamente tra gli scaffali della mia libreria.

Un mago delle parole che si muove silenzioso tra gli scaffali delle nostre menti, intrecciando storie che sfidano il tempo e lo spazio. Paul Auster è stato questo e molto di più. Nato a Newark, (come l’altro grande americano Philip Roth), Auster ha dimostrato una predilezione per l’inaspettato, il misterioso, il labirintico.

Sembra che vada sempre così, con le storie. Un attimo prima non c’è niente. E un attimo dopo è già lì, sistemata dentro di te. [Il libro delle illusioni, 2002, Einaudi]

Se dovessi partecipare al gioco della sintesi e descrivere l’universo letterario dell’autore americano in una sola parola, sceglierei complessità. Le sue opere sono come gioielli sfaccettati, riflessi di un’umanità sospesa tra realtà e illusione, destino e casualità. Ne La Trilogia di New York (composto da Città di vetro, Fantasmi e La stanza chiusa), Auster ci trascina in un viaggio attraverso gli intricati meandri della mente umana, dove la città è più che un semplice scenario, è protagonista a pieno titolo, tessuta nel dna dei personaggi e delle loro esperienze.

È il passo fondamentale verso il completamento di un libro, perché dopo aver vissuto giorno e notte con il libro in lavorazione per un possibile totale di qualche anno o perfino di molti anni, una volta terminato si è cosí vicini al libro da non sapere piú giudicare quanto si è fatto. Ma soprattutto, le parole sulla pagina sono cosí familiari ormai da essere come morte, e a rileggerle subito si sarebbe travolti da tali ondate di disgusto da sentirsi tentati di distruggere il manoscritto in un momento di rabbia o disperazione. Per non impazzire, per salvare il salvabile dal disastro combinato, bisogna costringersi a fare un passo indietro e lasciar stare quel maledetto, distaccandosene al punto tale che, quando si oserà riprenderlo in mano, sembrerà di vederlo per la prima volta. [Baumgartner, 2023, Einaudi]

Ma non è solo la trama a rendere le opere di Auster coinvolgenti. La prosa, raffinata, precisa e al contempo immaginifica è il filo conduttore della sua prolifica opera (ricordo qui brevemente il romanzo fiume 4 3 2 1, l’incantevole memoir L’invenzione della solitudine fino al ultimo delizioso e malinconico congedo Baumgartner).

Ne Il Libro delle Illusioni, (testo amato più d’ogni altro) conduce il lettore a percorrere sentieri sconosciuti, guidati dalla mano sapiente di un narratore che spinge a esplorare il confine tra verità e finzione.

Io sono un uomo ridicolo. Dio mi ha giocato tanti tiri. [Il libro delle illusioni]

Nella sua carriera ha avuto anche una non indifferente incursione nel mondo del cinema. Auster ha collaborato con Wayne Wang scrivendo le sceneggiature degli splendidi lungometraggi Smoke e Blue in the face e diretto La vita interiore di Martin Frost (ispirato a Il libro delle illusioni) e Lulu on the Bridge.

Nella nostra epoca, tutto diventa decrepito nel giro di un giorno; chi vive troppo, muore quand’è ancora vivo. Procedendo nella vita, ci lasciamo dietro tre o quattro nostre immagini, diverse le une dalle altre; poi le rivediamo nelle nebbie del passato come ritratti delle nostre diverse età. [Il libro delle illusioni]

Leggere Auster è come mettersi di fronte a uno specchio distorto, in cui le linee tra ciò che è reale e ciò che è immaginato si confondono, lasciandoci incerti e affascinati allo stesso tempo. È un invito a immergersi nelle pieghe della mente, a esplorare le oscure profondità e a scoprire il segreto nascosto dietro ogni angolo.

Vivere è provare dolore, si era detto, e vivere con la paura del dolore significa non voler vivere. [Baumgartner]

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