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Sostiene Pereira di Tabucchi

 

 

Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell’imbarazzo di mettere su la pagina culturale, perché il “Lisboa” aveva ormai una pagina culturale, e l’avevano affidata a lui. E lui, Pereira, rifletteva sulla morte.

Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi è un romanzo ambientato in Portogallo durante gli anni ’30, nel crogiolo cruciale della storia europea, in cui il fascismo sta emergendo come una minaccia incombente. Tabucchi racchiude in poche, fulminanti pagine l’essenza della lotta per la libertà, l’idea che non si piega alla censura, il cambiamento che è sempre possibile nell’animo umano, la vigliaccheria che cela il coraggio, e quel coraggio che emerge, nonostante tutto, perché così deve essere ad un certo punto.

Pereira, un giornalista con problemi cardiaci e qualche chilo di troppo, lontano dall’essere un eroe coraggioso, lavora come responsabile per la sezione culturale del quotidiano “Lisboa”, un giornale pomeridiano di orientamento cattolico.
Stancamente Pereira scivola dentro i suoi giorni e ogni sera ritorna a casa confidando le traversie del suo mondo alla foto della moglie scomparsa. Pereira parla e si confida, auspicando pazienza alla sua vita.
L’argomento che più lo affascina è la morte e in certi momenti di profondo sconforto si rifugia nella resurrezione dell’anima anche se non crede del tutto alla possibilità. Il pensiero della morte è quel ponte che lo lega alla moglie, che li tiene ancora uniti e vicini oltre l’immagine impressa e immobile della foto che la ritrae.
Dal continuo rimuginare sulla morte e le parole che la sostanziano, nasce al giornalista l’idea per l’inaugurazione sul supplemento culturale del “Lisboa” di una rubrica di necrologi intitolata “Ricorrenze”.

noi non facciamo la cronaca, dottor Pereira, è questo che mi piacerebbe che lei capisse, noi viviamo la Storia.

L’innata pigrizia lo conduce a organizzarsi il lavoro in modo tale da accantonare una serie di articoli che già raccontino della vita di personaggi vivi, ma morti all’occorrenza. Così contatta un giovane, Monteiro Rossi, di cui ha letto un trafiletto, affidandogli la stesura dei “coccodrilli”.
Il giovane è la crisi in quel percorso uniforme della vita di Pereira, è lo strappo, la rottura, l’esplosione di sentimenti che l’uomo credeva assopiti.
In un contesto culturale di censura, Monteiro Rossi sfida le autorità e ne paga con la vita le conseguenze.
Così Pereira esce dal guscio, e agisce, finalmente.

Pereira rientrò in casa. Andò in camera da letto e tolse l’asciugamano dal volto di Monteiro Rossi. Lo coprì con un lenzuolo. Poi andò nello studio e si sedette davanti alla macchina per scrivere. Scrisse come titolo: Assassinato un giornalista. Poi andò a capo e cominciò a scrivere: «Si chiamava Francesco Monteiro Rossi, era di origine italiana. Collaborava con il nostro giornale con articoli e necrologi. Ha scritto testi sui grandi scrittori della nostra epoca, come Majakovskji, Marinetti, D’Annunzio, García Lorca. I suoi articoli non sono stati ancora pubblicati, ma forse lo saranno un giorno. Era un ragazzo allegro, che amava la vita e che invece era stato chiamato a scrivere sulla morte, compito al quale non si era sottratto. E stanotte la morte è andata a cercarlo. Ieri sera, mentre cenava dal direttore della pagina culturale del “Lisboa”, il dottor Pereira che scrive questo articolo, tre uomini armati hanno fatto irruzione nell’appartamento.

 

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