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Il dio disarmato di Pomella

– Andrea Pomella, 2022 – Einaudi – pp. 248 – € 19,50.

Via Fani è luogo della memoria collettiva, è spartiacque, solco profondo che definisce un prima e un dopo. Via Fani è un continuo ritornare alla ferita aperta che né il tempo né la storia riescono del tutto a sanificare. Via Fani è una strada che si dirama in migliaia di rivoli, di numerosi ritorni. Romanzi, documentari, inchieste, film, serie Tv.
Andrea Pomella ritorna in quei luoghi a suo modo, con una scrittura densa in cui piega il tempo, lo scompone, lo annulla perfino in alcuni tratti del racconto. Una struttura “cubista” in cui momenti, riflessioni e avvenimenti s’intrecciano, si contorcono, si avviluppano superando la banale linearità del tempo. Di quella convenzione che ci illude e ci sconquassa. In questo modo, Pomella, scrive un gran romanzo, che è qualcosa di più.

«La vita di un uomo, si disse, non è altro che una minuscola ferita nel tempo sterminato della creazione, un taglietto che si rimargina in un battito di ciglia senza lasciare neppure il ricordo di una cicatrice. E che miseria, che tenera illusione, credere che la memoria possa salvare gli uomini dall’oscurità, che le loro azioni e le prodezze, le conquiste, il bene e il male sparsi a piene mani, possano superare gli scogli del tempo e renderci immortali!»

«se vogliamo credere a una volontà superiore che opera sugli eventi secondo leggi ineluttabili, è ragionevole immaginare che ognuno di noi, in fondo, presto o tardi finisca per essere il destino di qualcun altro.»

«Per dirla con Bufalino: “piuttosto soprusi di romanziere che presunzioni di verità”.»

«Il tempo è il prima e il dopo, la realtà ridotta all’ordine causale degli eventi; il divenire è la trasformazione che avviene tra quel prima e quel dopo. Il tempo perciò incede, è una valanga, una violenza che non si può arrestare; il divenire invece viene su come un respiro, e come un respiro può essere trattenuto.»

«ogni individuo che siamo stati su questa terra continua a vagare in qualche intersezione della realtà e del tempo, senza avere piú diritto alle cose del mondo.»

«Di colpo lo avvolge la sensazione che in un solo istante si possa afferrare la verità del tutto, nella semplice concitazione delle chiacchiere, dei preparativi, nella momentanea parvenza di ritorno continuo alle cose di sempre, al mondo eterno e immutabile della ripetizione.»

«Il contorno della stella morente è il limite estremo e insuperabile oltre il quale l’osservazione e il racconto di un qualsiasi evento cessa di essere possibile.»

«l’uomo non può abitare una totale inattività, dal momento che verrebbe meno a un’altra fondamentale legge di natura: il divenire. L’uomo, per divenire, deve fare. Il suo fare quindi deve coincidere con la soddisfazione di due elementi: la fame e il divenire, o se vogliamo chiamarli in un altro modo, il sostentamento e la libera evoluzione.»

«prova un sentimento di struggente tenerezza.»

«quando si prende cura di sé, quando si impegna per cosí dire a non morire, o a farlo il piú tardi possibile.»

«essere vivi è soffiare continuamente sui propri confini.»

«ciò che distingue la vita dalla morte in fondo è proprio questa incessante agitazione interiore, questa guerra infinita in cui ognuno si dibatte per le piú svariate ragioni, al punto che la differenza tra l’essere vivi e l’essere morti, piú che da questioni organiche, è determinata proprio dall’infuriare di questa guerra interiore che definisce in via esclusiva la vita umana fin dal primo vagito del neonato, il suono del corno che annuncia la battaglia.»

«è umana la guerra misteriosa che si agita in ciascuno di loro fin dall’istante in cui hanno subito come tutti la piú  grande prevaricazione, che è l’essere messi al mondo contro la propria volontà, ossia l’essere catapultati all’interno di una guerra superiore chiamata vita, un fenomeno che qualsiasi mente illuminata respingerebbe rigorosamente, se solo fosse possibile nascere illuminati, se non si nascesse al buio, incapaci di ragionare, di guardare, di determinare, se non si nascesse incapaci di nascere.»

«la malattia possiede sempre un’ambiguità di fondo, poiché nella debolezza che procura all’organismo invita all’accettazione del proprio destino di solitudine, alla soddisfazione di sorvegliare il mondo dall’alto, di trionfare su coloro che sono sani e non sanno, e che perciò continuano a dimenarsi convinti dell’eternità della loro forza e della loro salute.»

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