Skip to content

L’angelo della storia di Arpaia

– Bruno Arpaia, 2001 – Guanda – pp. 266 – € 13,50.


In questo testo di Arpaia sull’ombra dei passi di Walter Benjamin, si ripercorre l’immonda rappresaglia nazista ai danni delle vite inermi di tutti i giorni.
«Ci si chiede se la storia non stia per caso forgiando una geniale sintesi tra due concetti nietzschiani, cioè il buon europeo e l’ultimo uomo. Ne potrebbe venir fuori come risultato l’ultimo europeo. Tutti noi lottiamo per non diventare quest’ultimo europeo»
«Ognuno – ha scritto Eduardo Galeano – entra nella morte in un modo che gli assomiglia. Alcuni, in silenzio, camminando in punta di piedi; altri, andando a ritroso; altri, chiedendo perdono o permesso. C’è chi entra discutendo o esigendo spiegazioni e c’è chi si apre il passo in lei a pugni e imprecando. C’è chi l’abbraccia. C’è chi si chiude gli occhi; c’è chi piange.»
«Non solo il sapere o la saggezza dell’uomo, ma soprattutto la sua vita vissuta – che è la materia da cui nascono le storie – assume forma tramandabile solo nel morente. Come, allo spirare della vita, si mette in moto, all’interno dell’uomo, una serie di immagini – le vedute della propria persona in cui ha incontrato se stesso senza accorgersene -, così l’indimenticabile affiora d’un tratto nelle sue espressioni e nei suoi sguardi e conferisce a tutto ciò che lo riguardava l’autorità che anche l’ultimo tapino possiede, morendo, per i vivi che lo circondano. Questa autorità è all’origine del narrato.»
[Walter Benjamin]

Annotazioni a margine:

«Lo vuol sapere, invece, che cos’ho davvero? Ho il mal del tempo.»
«Era come se, attraversando la morte, guardandola negli occhi, avesse compiuto un rito di iniziazione, e la vita, da allora, non potesse offrirgli nulla di più terribile. Tanto valeva viverla. »
«Scriveva lettere per confessare senza lasciarsi guardare in fondo agli occhi che si sentiva solo come mai nella vita.»
«resta ben poco: fare i conti con sé stessi, ogni giorno che passa, ruminando l’erba sempre uguale dei propri pensieri, allevandoli in solitudine.»
«Avresti dovuto avere delle rendite e scrivere quello che pensi senza costrizioni…»
«la smania di misteriosità che gli faceva erigere barriere di riservatezza attorno alle cose più futili e innocue; i tratti rituali, la “cortesia cinese” e gli accessi di dispotismo del suo carattere;»
«quel suo sguardo, insieme deciso e smarrito, lo sguardo di chi prende la realtà troppo alla lettera e quanto più si sforza di capirla tanto più se ne allontana»
«inseguiva la vita zoppicando, cercando di mascherare la sua inettitudine a viverla.»
«la “psicosi dei rumori” che lo tormentò per anni, perseguitandolo in tutte le case e le camere d’affitto in cui abitò.»
«Il progresso non esiste. Ciò che chiamiamo progresso è rinchiuso in ogni terra, e svanisce con essa. Sempre e dovunque, lo stesso dramma, la stessa scenografia, sullo stesso angusto palcoscenico, un’umanità rumorosa, infatuata della sua grandezza, che crede di riassumere in sé l’universo e vive nella sua prigione come in un’immensità, per sprofondare ben presto insieme al globo che ha a lungo portato sulle spalle, il fardello del proprio orgoglio. La stessa monotonia, lo stesso immobilismo negli astri estranei. L’universo si ripete senza fine e scalpita sul posto. L’eternità recita imperturbabilmente all’infinito le stesse rappresentazioni»
«Io ho vissuto ma non l’ho vista mai, la vita. Me l’hanno spazzolata via come se fosse polvere.»
[Dostoevskij]
«Nulla potrà trionfare sulla mia pazienza»

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.