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Viaggiatori e viaggianti. (Appunti di un mini-viaggio)

Avercene di benzina e pasti da dare al mio inseparabile ronzinante, credo potremmo provare la traversata degli oceani, e chissà che non ci si riesca davvero in qualche tempo non lontano.

Firenze. 16 Gennaio 2010.

Andiamo agli Uffizi!

Le idi di gennaio mi riportano a lavoro dopo circa un anno e mezzo di attività intellettuale, e le mie vecchie e immarcescibili converse levi’s ritornano anch’esse a fumare. La scuola ha bisogno di me ma non si sa bene fino a che punto io ne abbia bisogno. Di un lavoro certo, e viste le royalities del mio primo romanzo c’è da lavorare, e rimboccarsi le maniche.

Alla fine di gennaio ritorno a Firenze dopo due anni, stavolta niente giro turistico sull’autobus panoramico alla modica cifra di venti euri, stavolta in giro sul mio ronzinante d’acciaio fino alle soglie di piazza della Signoria. Ai margini della storia che si sviluppa all’interno di quegli infaticabili corridoi che segnano gli Uffizi. Che bella passeggiata, un po’ troppo lunga e un po’ troppo piena. Credo bisognerebbe ritornarci per ogni opera che si è vista e rimanere fermi ad osservarla per un tempo indefinito (tipo orgasmo Yoga alla Sting!), invece in un paio d’ore ci ritroviamo ad inseguire una guida giapponese con tre infaticabili segugi che annuiscono ad ogni respiro e sospirano meravigliati difronte qualsiasi cornice incontrino (anche vuota). Ma vuota non è la bellezza di Botticelli e la sua primavera che tarda a venire da queste parti, e poi la sacra Famiglia di Michelangelo e l’annunciazione di Leonardo. In quelle tele, piccole, sagomate è impresso il sudore degli uomini che hanno fatta grande questa penisola, mentre adesso in qualche letto d’albergo ben altro sudore ci fa grandi.

Roma. 22 Gennaio 2010.

Vacanza (breve) romana.

Con Rino non ci si vede da mesi, e ci ritroviamo a dormire nella stessa casa a Roma, qualche settimana fa sarebbe stato impensabile eppure accade, accade di ricostruire per qualche giorno il tempo grandioso dell’accolita palermitana di kiroy. Molti elementi mancano, e gli anni ce li siamo portati addosso male, ma ci si diverte in giro per la città eterna. Che avrebbe bisogno appunto dell’eternità per poter essere visitata.

Enzo è salito su a ultimare gli studi. Dopo la triennale adesso diventerà dottore di qualcosa nella capitale. Sono mesi che non incontriamo i nostri brutti musi, mi adopero per andarlo a trovare presso il pensionato universitario davanti la sapienza. Ci ribecchiamo e si va in giro per la capitale, facciamo i turisti infilandoci qua e là, col mio ronzinante che scalpita sempre più e con la voce della bella Chiara che sicura guida i nostri passi incerti per la città. Dopo un lungo ed estenuante giro per le vie della capitale, abbastanza affollate da altri ronzinanti non certo validi quanto il mio, finiamo per ritornare al punto di partenza com’è proprio di ogni viaggio che si rispetti. Scendiamo ed Enzo mi invita a prendere un caffè nella sua nuova magione inaugurata da poco. Accetto ma fatto qualche passo Rino mi chiama che s’è liberato urge rimettere in moto il mio ronzinante, ormai dentro però approfitto per fare un giro e svuotare la vescica, l’asfalto romano sollecita. Nemmeno dieci minuti e ritorno fuori dopo aver salutato Enzo, l’indomani ci saremmo rivisti per un altro giro. Ma la frittata è fatta e la sorpresa dietro l’angolo. In questo caso dentro il cruscotto. L’Houdini de no antri ha fatto il colpo, scardinato il mio ronzinante che sonnecchiante non ha opposto resistenza e rapito la bella Chiara che non ha avuto forza per urlare il suo dolore. M’hanno fottuto il tomtom, l’inseparabile compagno del valzer di dicembre, del viaggio per mari e monti e strade innevate. Il tomtom che nemmeno è mio. Punterò sui cartelli stradali per ritornare alla mostra di Leonardo vicino piazza Venezia santiando, come direbbe Camilleri. Alla fine ritorno in loco e comunico la bella notizia ai ragazzi. Urge centro commerciale per l’acquisto di una nuova Chiara…

D’altra parte i soldi sono fatti per esser spesi…

Col magone opprimente di saper Chiara nelle mani di un indegno, dopo una ricca cena a base di vino nostrano, dopo che la vicina di casa delle ragazze di cui siamo ospiti, che è identica alla sora Lella di fabriziana memoria, giunge con un sorriso tipicamente romano ad allietarci ancor di più, si va al cinema per l’evento cinematografico della stagione.

Avatar è un bel giocattolone, e il vino bevuto me lo fa apprezzare.

Ben costruito, ben oliato. Un caleidoscopio di colori e suoni che fanno saltare via dalla poltroncina rosso fuoco che ci accoglie. Il 3D, però, è insopportabile quanto gli occhialini che ti obbligano a tenere per non vedere tutto sbiadito. Si ritorna stanchi a casa riattraversando tutta Roma, soltanto 23 chilometri per andare a dormire, ma sei sempre a Roma, non a Cefalù.

Buona domenica!

Il sole picchia tiepido sulle nostre testoline, il traffico è dignitosamente sopportabile e piazza S.Pietro m’aspetta. Da ateo sono mesi che vado in giro per chiese, non può mancare alla mia collezione la più prestigiosa. Eppure giungiamo in via della conciliazione con un insolito numero di visitatori che affolla la strada. Mi avvicino al primo vigile tenendo calmo il mio ronzinante chiedendo fino a che punto potremmo avvicinarci alla piazza. Il vigile simpaticamente mi dice che potrò arrivare fino al limitare del colonnato, ma dovrò aspettare una mezzoretta, che la gente sfolli. Ottimo, gireremo un po’ in visita a Castel S. Angelo, anche se in mente mi chiedo come mai tutta quella ressa. Ecco la risposta. Poco avvezzo alle scadenze liturgiche dimentico completamente che il pastore tedesco propone la sua settimanale predica ai fedeli assiepati. Sono stato a qualche centinaio di metri dal papa, chissà ne avrò beneficio in seguito?

Non spero, saprò riferire.

Il nostro tour si sofferma a contemplare la maestosità dell’abbraccio alla comunità cristiana. Siamo alla fine di Gennaio ma albero e presepe restano lì, e la cosa stona un po’, ma è una bella giornata e il cupolone brilla nell’azzurro dello sfondo, certe visioni mi fanno più retorico del solito, sotto sotto sono un sentimentalone.

Dopo una buona mezzora di foto stile giapponesi, io Rino ed Enzo ci rimettiamo in moto.

Scalinata di piazza di Spagna con annessi tassisti, cocchieri e cavali con para occhi, bellezze esotiche in posa e noi a crogiolarci la vista.

Fontana di Trevi, immancabile lancio di monetina (da 5 cents, la crisi è notevole e la nuova Chiara – che non ha lo stesso tatto né la stessa simpatia, ahimè non c’è feeling tra noi – ha prosciugato il fondocassa turistico) con annessa foto che comprova la nostra goliardia retrò, ma a Roma è permesso essere goliardici e sopratutto retrò. Certo che Anitona non sbuca fuori, e la gente s’accalca alle inferriate come fosse in attesa della sua apparizione.

La dolce vita invecchia.

Ma vale la pena d’esser assaporata.

Si riparte, e strano a dirsi ritorno a lavoro.

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