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Hakuna matata


Norby ha 22 anni, Milena 26. Entrambi sono ungheresi, entrambi studiano l’italiano. Nei tempi morti. Norby è stato spesso a Perugia. La sua ragazza, Francesca, studia là. Milena non ha mai messo piede sullo stivale, eppure studia, perché vorrebbe un giorno lavorarci in Italia. Certo non pedalando come fa per le vie della città olandese.
Entrambi attendono a margine dei ponticelli che abbracciano i canali da una parte all’altra. Attendono sui loro colorati ed eccentrici risciò ciclistici, con manovra assistita, e t’invitano a salire per un’esperienza incredibile. Attendono sfogliando libri o strimpellando improbabili ukulele. Qualche turista salta a bordo divertito dall’idea d’esser portato per la città a ritmo di pedalata. Il viaggiatore prolunga il suo cammino su quei tubolari arrugginiti dall’umidità. Alla maniera di de Andrè che vedeva possibili le corde della sua chitarra come prolungamento delle dita.
Si passa davanti alla stazione crogiolo di anime e viaggi, come in tutte le stazioni. Anche la posta di treno di quella lontana migliaia di chilometri, giù a Castelbuono, che ospita in quel momento qualche passo da camminare ancora. Mentre in Olanda impazza il trillo del campanello suonato ad ogni incrocio, e i semafori attraversati col rosso prima che qualche taxi impudente ci spezzi a metà. E le salite stentate dal peso di zavorre troppo ingombranti da tirare su, oltre il prossimo ponte.
Ad amsterdam ci si muove anche così.
Il viandante sopratutto.
E si gira per il centro.
Quando gli spostamenti richiedono una fatica che il sorriso dei ciclisti non è in grado di sopportare allora si salta su fumosi taxi disegnati per gangster di secondo piano. Quasi tutti Mercedes, anche d’epoca dai colori monotoni. Rattoppati qua e là, nuovi fiammanti, ma senza stereo che il conducente non è in grado d’attivare. E piloti d’ogni razza e lingua. Tutti stranieri. Proveniente dalle terre afghane, dal maghreb, dal corno d’Africa. E se Frankie Holland prova a metter becco il simpatico tassista di Maribù (non Malibù, attenzione – molto simile all’amico pilota d’elicotteri di Magnum P.I.), ti dice con flemma britannica “Hakuna matata, amigo, Take it easy!”.
Ottimo consiglio a denti sfolgoranti, bianchi, come è proprio d’ogni pubblicità di dentifricio, quel simpatico grassoccio ci sorride e parla e ci racconta. E ci chiede cosa voglia dire “Bella figa” che usa sempre come complimento alle signore italiane che sorridono imbarazzate e lui non capisce il perchè. Glielo spieghiamo. Viene da una terra vicina al Congo, e lavora mezza giornata su quelle quattro ruote e non si fa mai problema alcuno.
Altri se ne fanno e molti. E ingannano, e dicono di non capire mai cosa stai dicendo, e mentono, e fanno finta di non sentire, e poi alla fine della corsa quando il tassamentro segna una cifra ben precisa ti chiedono di più adducendo con dispiacere di non aver resto. I tassisti sono parte del mondo, un piccolo mondo. Pieno d’allegria e nefandezza, frustrati dal loro incedere sempre uguale, per le stesse vie, agli stessi orari.
Il viandante prova a sganciarsi e andare oltre.
Ma non è facile.
Bisogna ancora farne di strada.

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