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Respiri distratti


Accade talvolta di ritrovarsi presi da particolari odori, o profumi, che vigliaccamente ci prendono la mente e la distraggono dall’attenzione che vorremmo riservarle, portandola oltre i nostri stessi pensieri. In memorie distanti, dentro occhi che avresti voluto spegnere in tempo, tra le fragranze di lavanda che hanno il sorriso di nonna, nelle zaffate stantie di armadi rosicchiati dalle tarme e dal tempo nei soffitti di case vendute in fretta. La mente scivola via seguendo la scia del profumo e si perde nella pelle nuda di chi hai stretto tra le labbra, nell’odore acre di un cammino stentato, sudato, maledetto, nel puzzo di fetide carcasse ambulanti che inevitabilmente ci si ritrova a dovere incontrare.
Gli odori sono parte integrante della nostra memoria, e non di rado la supportano. Annotare un odore diviene particolarmente arduo per chi usa le parole.
Ci sono profumi che il viandante non potrà dimenticare, né vorrà raccontare, di altri, di quelli vivi in questo viaggio, prova a tracciarne una piccola scia.
E quella scia conduce oltre il ponticello di casa del barbiere di Amsterdam. Il GreenHouse, fiero coffee shop dai primi anni ottanta, in cui è vietato bere alcolici, mangiare (qualsiasi cosa), usare il cellulare (di qualunque modello), la videocamera (idem), fumare sigarette (!), ma in compenso v’è una vastissima gamma di rinomate erbette dalle fragranze sinuose e insinuanti. Di quelle che alla maniera di certi odori ti rapiscono la mente!
Sembra un bar italiano di vent’anni fa in cui varie nuvolette svolazzanti accarezzavano le capigliature variopinte dei ragazzi intenti a giocare, chiacchierare, esternare, scherzare. Sì, proprio italiano nelle voci, perché degli avventori una buona percentuale è viandante di stivale.
E li ti rendi conto che non ci sono personaggi estremi, violenti, di cui aver paura. Soltanto persone comuni che in maniera comune e quotidiana tolgono risorse economiche alla malavita.
Ma si sa, i paesi bassi sono parecchio distanti dalle ombre del cupolone, ed ogni discorso in merito potrebbe essere inteso come anti-clericale, dunque il viaggiatore rimane silenzioso osservatore e segugio di odori.
Di fritture intense che pervadono parte di Darmstrat, patatine fritte, e polli che sghignazzano sui loro incandescenti spiedi, e sushi serviti da camerieri giapponesi in stile SS a controllare che ogni boccone venga ben gustato e digerito. Ci sono odori che si ripetono per la via, come quelli provenienti dallo storico Coffee-shop del Bull-Dog, il primo nato nel lontanissimo 1975 presso il celebre distretto rosso in cui s’alternano coppie incuriosite ad ammirare vetrine luccicanti e provocanti e solitudini in cerca di rantoli d’amore. C’è l’odore dei canali, senza la potenza del mare che li tiene su tra le narici, e quello dei tubolari di bici, che invadono il cammino e le orecchie con il loro trillare estenuante.
E c’è il profumo del viaggio, un profumo che non so dire, che accompagna i passi del viandante.

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